L'evento meteo
Per una compiuta descrizione dell'evento alluvionale del 19 giugno 1996 giova rifarsi all'analisi descrittiva e quantitativa del contributo scientifico di C. Rapetti e F. Rapetti (1996), che qui di seguito si riporta per sunto e stralci, soltanto in minima parte riadattato alla forma espressiva del presente lavoro. L'opera di selezione ha favorito le parti meglio inseribili e con maggior riferimenti, collegamenti e rimandi.
La descrizione dell'evento non può prescindere da una premessa d'obbligo. Anche se risaputo è sempre utile ricordare come le Alpi Apuane siano interessate da precipitazioni tra le più abbondanti della penisola italiana, seconde solo a quelle che cadono sulle Prealpi e sulle Alpi Carniche e Giulie. Anche le precipitazioni massime di durata fino a un giorno mostrano una distribuzione caratteristica, come ad esempio nei settori occidentali ed orientali delle Alpi, nell'Appenino Ligure-Toscano, nelle Alpi Apuane, nell'Appennino Calabrese, nei Monti Iblei e Peloritani, in cui possono verificarsi intensità maggiori di 300 mm/giorno. Non è invece altrettanto agevole individuare zone definite in cui si verifichino rovesci di forte intensità e di breve durata, poiché questi possono interessare numerose località del territorio italiano.
Le stazioni delle Alpi Apuane di più alta piovosità sono quelle di Campagrina (850 m) e Orto di Donna (1100 m): la prima è situata in una valle dominata dal M. Sumbra (1765 m), dal M. Altissimo (1589 m) e dalla Pania della Croce (1858 m); la seconda si localizza in un versante sovrastato dal M. Pisanino (1947 m).
In queste località gli afflussi meteorici superano in media i 3000 mm annui, con punte rispettivamente di 4731 mm (1960) e di 4394 mm (1926). A Campagrina, prima degli eventi pluviometrici eccezionali registrati negli anni Novanta, si erano verificate anche le maggiori precipitazioni di breve e di brevissima durata: 578 mm in cinque giorni consecutivi (1952), 325 mm in ventiquattro ore (novembre 1976), 18,8 mm in cinque minuti (aprile 1986).
E' inoltre opportuno considerare che le precipitazioni medie annue, pur eccezionalmente elevate nel bacino del Mediterraneo, non sono tuttavia rappresentative delle punte di piovosità che si verificano alle quote più elevate della catena apuana. E' noto infatti che gli afflussi meteorici si incrementano con l'altitudine secondo leggi di variazione complesse, diverse da luogo a luogo, fino ad un massimo, detto optimum pluviometrico, oltre il quale essi dovrebbero stabilizzarsi o diminuire, anche se, come è stato acutamente osservato, la quantità delle precipitazioni non dipende tanto dall'altitudine assoluta della stazione, quanto dall'altitudine, dalla distanza e dall'acclività dei rilievi circostanti. In ogni caso la carenza di stazioni poste ad alta quota rende assai ardua la stima dei reali afflussi intercettati dai bacini imbriferi, con grave pregiudizio, tra l'altro, per la determinazione dei coefficienti di deflusso, che nelle zone di montagna ad elevato effetto orografico, come di certo sono le Apuane, possono risultare sopravvalutati.
Per la configurazione morfologica e le caratteristiche pluviometriche, che determinano tempi di corrivazione molto brevi, le Alpi Apuane rappresentano dunque una delle aree a più elevato rischio idraulico della penisola, sia nel versante marittimo che in quello interno, essendo spesso soggetti a gravi eventi di piena. La condizione necessaria per la formazione delle idrometeore è costituita, come noto, dal raffreddamento adiabatico di masse d'aria umida, che alle nostre latitudini si verifica generalmente durante il passaggio di sistemi frontali o per effetto del sollevamento indotto dal rilievo (effetto barriera). Questi due meccanismi non sono sempre indipendenti, poiché nelle aree montane il primo può rendere più dinamico il secondo, mediante la pressione esercitata dai fronti freddi avanzanti verso il rilievo sulle masse di aria stanziali, che sono perciò costrette a un più attivo sollevamento. I peculiari caratteri pluviometrici delle Alpi Apuane e dei rilievi contermini (Appennino Ligure e Tosco-Emiliano) sono da collegare all'interazione tra i fattori geografico-morfologici e le caratteristiche della circolazione atmosferica generale e regionale dell'area. Per il primo aspetto l'Appennino Settentrionale presenta una morfologia complessa e articolata; le sezioni trasversali della catena mostrano, da occidente ad oriente, una ripetizione di alti e di bassi morfo-strutturali ad andamento subparallelo, orientati approssimativamente da Nord-Ovest a Sud-Est, che costituiscono le linee di displuvio di bacini intermontani, come quello della Lunigiana o della Garfagnana. Nella sezione Forte dei Marmi (2 m) - Seravezza (55 m) - Pania della Croce (1858 m) - Castelvecchio Pascoli (400 m) - M. Romecchio (1702 m), si alternano ad esempio due bassi e due alti morfo-strutturali, che si frappongono come ostacoli al transito delle masse d'aria di provenienza occidentale.
L'Appennino Settentrionale, dal M. Orsaro (Alta Lunigiana) all'Alpe Tre Potenze, ha una lunghezza di circa sessanta chilometri, con il crinale che si sviluppa per lunghi tratti oltre i 1700 m, mentre la dimensione longitudinale delle Alpi Apuane è approssimativamente di venticinque chilometri, con altitudini degli spartiacque piuttosto variabili, ma con punte oltre i 1800 m. Le acclività dei complessi orografici della Toscana Settentrionale, diverse in relazione ai caratteri strutturali e litologici del substrato, assumono i valori più elevati proprio in corrispondenza della catena apuana. Nell'alto bacino del Fiume Vezza, affluente del Fiume Versilia, tra il paese di Cardoso (280 m) e la Pania della Croce, che lo sovrasta come una muraglia, l'acclività media del versante è, ad esempio, di circa 28°. In zone contigue sono presenti acclività medie più elevate, come nell'intorno di Arni, nel versante meridionale del M. Sumbra, dove in un'area di 12 km2 si superano i 36°, ma talvolta le parti cacuminali dei rilievi sono costituite da pareti rocciose quasi verticali dello spessore di alcune centinaia di metri. Un ulteriore fattore morfologico da considerare nella formazione delle piogge di versante è la dimensione trasversale del rilievo. Lo studio della interazione tra i flussi dei bassi strati dellatmosfera e il rilievo montuoso ha dimostrato infatti che in atmosfera stabile, per profondità della catena superiori ai 50-100 chilometri, una notevole frazione dei filetti d'aria che spirano perpendicolarmente al rilievo subisce una deflessione orizzontale e aggira la struttura orografica lasciandola alla sua destra, con formazione dinamica di aree di alta e di bassa pressione, rispettivamente nel versante sopravvento e in quello sottovento.
Nel caso del sistema montuoso delle Alpi Apuane e dellAppennino Settentrionale, la cui profondità non supera i quaranta chilometri, le masse d'aria in movimento da occidente ad oriente dovrebbero in prevalenza scavalcare il rilievo con scarse deviazioni laterali. Naturalmente la frazione del flusso deviato e l'entità del sollevamento sono legate al grado di stabilità dell'atmosfera e all'intensità della componente ortogonale della velocità delle masse d'aria che investono il rilievo.
Per gli aspetti meteorologici, le Alpi Apuane e l'Appennino settentrionale sono influenzati da fenomeni circolatori di scala generale, come i cicloni delle medie latitudini, che interessano la fascia compresa tra 30° e 60°, e da fenomeni di scala regionale, quali le depressioni sottovento alle Alpi Occidentali che, soprattutto in inverno, generano sul Golfo di Genova intense aree di bassa pressione. Le depressioni dell'Alto Tirreno provocano moti vorticosi e traslativi accompagnati dal sollevamento forzato di masse d'aria umida sulle pendici dellAppennino ligure e toscano e delle Apuane, cui possono fare seguito precipitazioni particolarmente intense ed abbondanti, specialmente quando il fenomeno sia rinforzato dalle perturbazioni di origine atlantica.
La particolare intensità e frequenza dei fenomeni pluviometrici che interessano quest'area montuosa sono dunque il risultato dell'interazione di molteplici fattori, tra cui è opportuno riassumere i più importanti: la prossimità dell'area montuosa rispetto ai centri regionali del tempo; la modesta distanza del rilievo dal mare; l'orientamento della catena montuosa; la sua dimensione longitudinale e trasversale; l'acclività dei versanti; l'altitudine dei crinali e l'orientamento dei solchi vallivi. Inoltre, per l'aspetto meteorologico, si devono considerare l'elevata frequenza, l'intensità e la direzione di traslazione dei vortici ciclonici provenienti dal nord Atlantico e dal Golfo di Genova; le non infrequenti condizioni di blocco, che si verificano quando i Balcani sono interessati da campi di alta pressione, che ostacolano lo scorrimento sull'Italia delle perturbazioni atlantiche; la notevole umidità specifica delle masse d'aria che transitano sul rilievo dopo aver attraversato l'Atlantico e l'Alto Tirreno.
Gli eventi pluviometrici più importanti possono dunque essere il risultato della simultaneità di aspetti meteorologici singolarmente di intensità non elevata, il cui sinergismo può talvolta determinare effetti straordinari. Per questa peculiare caratteristica la prevedibilità di eventi estremi sulle Apuane, come dimostra l'episodio catastrofico del 19 giugno 1996, è fino ad oggi molto incerta, migliorabile solo con l'applicazione di modelli predittivi più sofisticati o, in prossimità dell'evento, con l'impiego del radar meteorologico (Rapetti e Rapetti, 1996).
I profili pluviometrici trasversali delle Alpi Apuane presentano andamenti diversi nelle varie sezioni e una sensibile dissimmetria tra il versante marittimo e quello interno. I gradienti pluviometrici hanno infatti il loro valore più elevato nel lato della Garfagnana, in conformità con il modello di distribuzione degli afflussi tra il versante sopravvento e quello sottovento delle catene montuose investite da flussi atmosferici ortogonali all'asse orografico. Tale modello prevede infatti che i massimi di piovosità si verifichino nel versante sottovento, poco oltre il crinale, per lo scorrimento inerziale dei filetti d'aria verso l'alto, sopra un piano inclinato che costituisce l'ideale prolungamento del pendio.
Le sezioni pluviometriche passanti da Massa e da Viareggio segnano il limite settentrionale e meridionale della maggiore intensità dell'effetto orografico, mentre la piovosità annua delle stazioni costiere di Forte dei Marmi e di Pietrasanta, con i loro afflussi relativamente modesti, indica l'estremo inferiore della forte variazione delle precipitazioni al variare dell'altitudine. Secondo i dati conosciuti, che escludono le stazioni automatiche di recente istituzione, la località più piovosa del lato marittimo delle Apuane è Retignano, seguita da Camaiore, mentre nel versante interno, oltre crinale, gli afflussi più elevati si osservano a Campagrina, Fornovolasco e Palagnana.
L'area di maggior afflusso medio annuo riguarda le zone cacuminali comprese tra il M. Sumbra e il M. Matanna, dove le precipitazioni medie annue superano i 3000 mm. I regimi pluviometrici si caratterizzano per il massimo principale in autunno (r. submediterraneo, AIPE) o in inverno (r. mediterraneo, IAPE), mentre il minimo, sempre molto accentuato, specialmente nelle stazioni della pianura apuo-versiliese, si verifica in estate. Anche la distribuzione geografica del regime è dissimmetrica, poiché nel versante marittimo prevale il regime submediterraneo (AIPE), mentre in quello interno, della Valle del Serchio, prevale il regime mediterraneo (IAPE).
Nell'area presa in esame e nel suo immediato intorno, il valore medio più elevato dei giorni piovosi in un anno si registra a Campagrina (132); seguono Isola Santa (126), Palagnana (122) e Fornovolasco (120). Ai limiti settentrionali e meridionali delle Apuane si rilevano 98 giorni a Massa e 91 giorni a Viareggio, mentre a Forte dei Marmi e a Pietrasanta, nella parte mediana della pianura apuo-versiliese, si osservano rispettivamente 86 e 89 giorni. E opportuno considerare che tra Forte dei Marmi e Campagrina la differenza dei giorni con precipitazione è molto elevata (46 giorni), con un gradiente medio di 5,4 giorni/100 m di altitudine.
L'intensità annua più elevata si registra a Campagrina (24 mm/g.p.), mentre a Massa e a Viareggio si osservano rispettivamente 12 mm e 11 mm/g.p., confrontabili con i valori della fascia litoranea della Toscana Settentrionale. I periodi di assenza di precipitazione sono tra i più bassi registrati in Toscana.
Per lo sviluppo degli eventi di piena, com noto, oltre agli elementi lito-strutturali, morfologici, alla copertura vegetale del substrato e al grado di umidità del suolo, il fattore determinante è costituito dalla intensità e dalla successione delle precipitazioni che si verificano nel bacino. Per lo studio di quest'ultimo aspetto si dispone degli afflussi di forte intensità e di breve durata con scansioni comprese tra un'ora a ventiquattro ore, tra un giorno e cinque giorni consecutivi di precipitazione, mentre per alcune stazioni sono note anche le precipitazioni intense di brevissima durata:
- le precipitazioni intense di brevissima durata, se si eccettuano gli afflussi osservati negli anni Novanta, hanno il massimo a Campagrina, con 18,8 mm in cinque minuti, che ha rappresentato l'afflusso più elevato della Toscana dall'inizio delle osservazioni.
- le precipitazioni di un'ora hanno presentato il valore più elevato a Campagrina (102 mm), mentre quelle fino a ventiquattro ore a Fornovolasco (394 mm).
- le precipitazioni da uno a cinque giorni consecutivi evidenziano più nettamente la differenza tra gli afflussi di Massa, dove in cinque giorni si raggiungono 228,6 mm, e quelli che avvengono a quote elevate, in cui si possono registrare valori fino a 577,6 mm, come è avvenuto a Campagrina (Rapetti e Rapetti,1996).
L'evento pluviometrico del 19 giugno 1996 e le probabili cause
Il 19 giugno il quadro sinottico dell'Europa presentava nella media troposfera (500 hPa) due aree di alta pressione, rispettivamente sull'Africa Nord-Occidentale e nord-orientale, e un'area di bassa pressione sulla Scandinavia, mentre sull'Italia la pressione al suolo era livellata e di valore medio-alto. Un fronte freddo, ben più a nord delle Alpi, interessava l'Europa Centrale, apportando condizioni di maltempo dalla Francia alla Polonia. Il campo termico sull'Alto Tirreno, al livello del mare, si caratterizzava per temperature intorno ai 20°, mentre a 850 hPa la temperatura nell'area marina era intorno ai 15°-17°, determinandosi così un gradiente termico piuttosto ridotto, condizione di un atmosfera quasi stabile. Nei giorni precedenti il 19 giugno sul litorale della Versilia il campo anemologico al suolo si era caratterizzato per venti di debole intensità (2-3 m/s), con modesta convergenza dei flussi provenienti dal terzo e dal quarto quadrante; condizioni sostanzialmente confermate in prossimità e durante la manifestazione temporalesca, sia pure con modesti rinforzi del vento fino a 4-5 m/s.
Le condizioni meteorologiche da alcuni giorni presenti nel Tirreno Settentrionale avevano determinato un notevole accumulo di umidità nei bassi strati dell'atmosfera, specialmente in direzione della traversia di Sud-Ovest, mentre fenomeni di subsidenza rendevano termodinamicamente stabile lo strato di aria compreso tra il limite superiore e la media troposfera. Sul continente le temperature massime diurne avevano raggiunto valori elevati, in alcune stazioni maggiori di 30°, mentre quelle minime valori piuttosto ridotti, anche inferiori ai 10°, con una forte escursione diurna.
Nei giorni precedenti l'evento del 19 giugno sull'area apuana non si erano verificate precipitazioni, se si eccettuano pochi millimetri di pioggia caduti nella prima decade del mese in alcune località della media valle della Garfagnana.
Sui bacini dei Fiumi Vezza e Serra, tributari del Versilia, la pioggia iniziò a cadere nelle prime ore della mattina del 19 giugno, tra le quattro e le cinque, all'inizio con una modesta intensità. Tra le cinque e le sei le precipitazioni subirono un debole incremento, mentre nell'ora successiva si registrò una loro forte impennata, misurata in 84,0 mm a Pomezzana e 37,0 mm a Retignano (bacino Fiume Vezza). Il massimo assoluto dell'intensità si verificò proprio a Pomezzana tra le sette e le otto, con 158,0 mm (valore massimo mai registrato dall'inizio delle osservazioni nell'area apuana). Nelle ore successive gli afflussi si mantennero su valori piuttosto elevati, sia pure con una netta flessione dalle dodici alle quattordici, per raggiungere un nuovo picco dalle quattordici alle sedici, particolarmente elevato a Retignano; successivamente le precipitazioni si ridussero fino ad estinguersi entro le diciannove. Nelle prime ore della mattina nelle stazioni di Cervaiole e di Azzano (bacino del Fiume Serra), l'intensità si mantenne su valori non elevati, inferiore ai 10 mm/h, mentre il massimo afflusso si registrò dalle tredici alle diciassette, con massimi orari di 46,8 mm alle Cervaiole (dalle tredici alle quattordici) e di 56,6 mm ad Azzano (dalle sedici alle diciassette). Anche in queste due stazioni la pioggia cessò entro le diciannove.
In alcune zone del versante interno dalla Garfagnana le precipitazioni furono molto elevate, pur senza raggiungere i valori registrati nel settore versiliese del versante marittimo, se si eccettuano quelle osservate a Fornovolasco, nell'alto bacino della Tùrrite di Gallicano. In questa stazione però le registrazioni pluviometriche si interruppero verso le 14.45, per l'asportazione della stazione di misura da parte della piena del fiume; fino a quel momento si erano registrati 412,4 mm di pioggia, valore inferiore solo a quello osservato a Pomezzana. Per una stima dell'afflusso totale di Fornovolasco si può considerare che nelle altre località, dalle 14.40 al termine dell'evento, furono registrati in media circa 78 mm di pioggia.
Nelle stazioni ai confini dell'epicentro del temporale le altezze pluviometriche più rilevanti si registrarono a Campagrina (271,8 mm in quattro ore, dalle undici alle quindici) e a Palagnana (216,8 mm in sei ore, dalle dieci alle sedici). Nelle stazioni di Candia di Massa (54,5 mm ) e Lido di Camaiore (8,0 mm), situate nella fascia costiera, Gallicano (23,0 mm), situata all'imbocco della Tùrrite, e Calavorno (13,2 mm), all'imbocco della Garfagnana, che sostanzialmente circoscrivono l'area dellevento, le precipitazioni furono molto scarse, sempre inferiore a pochi millimetri orari.
L'analisi delle precipitazioni con scansione di cinque minuti consente di individuare picchi di intensità estremamente elevati, nettamente superiori a quelli fino a quell'evento osservati sulle Alpi Apuane. A Pomezzana il massimo è stato di 30,8 mm/5 min (ore 07.30), corrispondente al valore ragguagliato di 369,6 mm/h. Nelle altre stazioni gli afflussi sono stati inferiori, anche se sono degni di nota i 15,8 mm/ 5 min (189,6 mm/h) delle Cervaiole e i 13,2 mm/5 min (158,4 mm/h) di Retignano. A Fornovolasco, di cui non disponiamo né degli afflussi dell'intero evento né di quelli alla scansione di cinque minuti, il picco massimo sarebbe stato di 143 mm/h, verificatosi dalle 12.00 alle 13.00 (Rapetti e Rapetti,1996).
Anche secondo uno studio di Paris et alii (1996), l'entità di tali precipitazioni costituisce, senza dubbio, un vero e proprio record se confrontata con i precedenti valori massimi, soprattutto per quel che riguarda l'intensità della pioggia nell'intervallo di tempo pari ad un ora. Basti pensare che il 19 giugno 1996 il pluviometro di Fornovolasco ha registrato, per tale intervallo, piogge effettive pari a 151.6 mm, mentre le precipitazioni di massima intensità fino ad allora segnalate per la stessa stazione avevano raggiunto il valore di appena 85 mm (19 novembre 1952). Ancora più elevato è il dato orario di Pomezzana, di 176 mm, da confrontarsi con il massimo storico della Toscana, appena superiore ai 100 mm (a Campagrina nel 1965).
Comunque l'andamento dei valori registrati a Fornovolasco e a Pomezzana, evidenzia come l'eccezionalità dell'evento sia pure e soprattutto relativa ai massimi sulle 3, 6 e 12 ore. Nel caso del 19 giugno - soprattutto nell'area presa in considerazione - le precipitazioni sono risultate di intensità estremamente alta per una durata di circa 2-3 ore (dalle 12.00 alle 14.00 a Fornovolasco e dalle 6.45 alle 8.15 a Pomezzana).
I dati storici della Toscana mettono in luce come in altre occasioni, siano già stati superati i 200 mm in 3 ore (a Castelluccio nel 1984, da confrontare con i 323.8 di Fornovolasco e i 319.4 di Pomezzana), ma in nessun caso si sono raggiunti i 300 mm in 6 ore (387.4 a Fornovolasco e 390.8 a Pomezzana). Appena superiore a 300 mm (303.2 a Carrara nel 1968) era il precedente massimo alle 12 ore mentre, nel caso in esame, si sono registrati 474.6 mm a Pomezzana.
Anche i dati pluviometrici complessivi della giornata del 19 giugno 1996, non lasciano incertezze sul grado di eccezionalità dell'evento verificatosi in Alta Versilia/Garfagnana. I totali di precipitazione, in mm, dello stesso giorno hanno raggiunto i valori di 412.4 mm di pioggia al pluviometro di Fornovolasco (che peraltro alle 14.45 è stato danneggiato dalle intense precipitazioni ed ha terminato di registrare i dati) e di 478.2 a quello di Pomezzana; significativo è pure il dato di Retignano (400.6 mm).
Il volume di acqua caduta dalle cinque della mattina alle diciannove, nell'area racchiusa dalla isoieta dei 200 mm, è stimabile in circa 41 x 106 m3.
Secondo C. Rapetti e F. Rapetti (1996), la configurazione delle isoiete, dalle ore 05.00 alle ore 12.00 del 19 giugno 1996, è piriforme, con asse longitudinale orientato da Nord-Ovest a Sud-Est, mentre quella dell'intero evento presenta l'asse maggiore diretto da Sud-Ovest a Nord-Est, sostanzialmente coincidente con la direzione dei solchi vallivi del Fiume Vezza e della Tùrrite di Gallicano, che probabilmente hanno esercitato una azione di canalizzazione sulle masse di aria responsabili dell'evento.
La stessa esistenza della catena apuana, nelle condizioni dinamiche e termodinamiche descritte, è senz'altro da considerare la causa scatenante dell'evento. Lo sviluppo di un “modello idrostatico ad area limitata (DALAM, CORP)”, operativo presso l'Ufficio Centrale di Ecologia Agraria del Ministero per le Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, purtroppo di non elevata risoluzione piano-altimetrica, per il 19 giugno faceva prevedere nell'area l'assenza di precipitazioni, o al massimo un afflusso di pochi millimetri di pioggia. Un meccanismo di innesco, forse legato ad una debole convergenza al suolo o a venti di brezza, avrebbe determinato sui versanti del rilievo l'ascendenza forzata di una massa d'aria di elevata umidità specifica, fino alla zona di instabilità (instabilità condizionale). Da tale altitudine, stimabile in alcune centinaia di metri dalla superficie del mare, si sarebbe verificata una forte ascendenza spontanea, conseguente ad un acquisto di instabilità delle masse daria per il massiccio rilascio del calore latente di condensazione.
Questo fenomeno avrebbe determinato il richiamo di grandi volumi di aria molto umida stazionanti sul braccio di mare prospiciente le Apuane, che sarebbero stati convogliati all'interno di un camino, entro il quale l'aria si sollevava con una forte velocità verticale, fino a quote notevolmente elevate, con conseguente innesco di precipitazioni di intensità estrema.
L'assenza di un sistema frontale ben riconoscibile conferma infatti che l'afflusso meteorico ha avuto una spiccata componente temporalesca: si sarebbe trattato di una precipitazione locale a piccola scala (local and small-scale precipitation), determinata da un limitato agglomerato amorfo di celle temporalesche, che hanno scaricato il loro contenuto in acqua precipitabile in luoghi, in tempi e intensità diversi; il primo rovescio, di carattere più violento, ha colpito la parte centro-orientale del bacino del Fiume Versilia (Pomezzana e Retignano) tra le sei e le sette della mattina, mentre nelle altre stazioni, ad eccezione di Azzano, in cui le massime intensità si sono verificate intorno alle dieci, gli scrosci più intensi si sono verificati nel primo pomeriggio, tra le 12.30 e le 14.30.
Aspetti morfologici del bacino del fiume Versilia. Diverso comportamento (ipotetico) delle correnti dinamiche di versante in condizioni di atmosfera "stabile" (A) e "instabile" (B), per flussi provenienti da occidente (da Rapetti C., Rapetti F., 1996)