Aspetti della flora e vegetazione delle Alpi Apuane
Inquadramento geografico
Il territorio apuano è situato al confine tra l'Italia continentale e l'Italia peninsulare nella zona di passaggio tra due regioni (quella medioeuropea e quella mediterranea) caratterizzate da condizioni mesoclimatiche ben differenti. L'area apuana è delineata da confini naturali: il fiume Magra e i suoi affluenti a Nord, la pianura costiera ad Ovest, il fiume Serchio a Sud e ad Est; la Valle del Serchio si sviluppa con andamento pressoché parallelo alla catena apuana e la separa dalla vicina catena appenninica, a sua volta parallela. Dal mare verso l'interno l'altitudine passa da 0 a circa 2000 m nello spazio di pochi chilometri; i rilievi sono caratterizzati da un'orografia aspra ed imponente, tanto che il geografo Emanuele Repetti descrisse le Apuane come "un mare in burrasca istantaneamente pietrificato".
Il clima
La regione apuana è caratterizzata da un alto regime di precipitazioni, dovuto alla presenza della catena montuosa stessa che si oppone ai venti occidentali carichi di umidità, determinando su tutta la zona un regime elevato di precipitazioni. Le condizioni climatiche sono complicate da un'orografia tormentata; si osservano infatti sensibili variazioni nello spazio di brevi spostamenti: i fondovalle sono caratterizzati da elevata umidità e temperature non troppo basse (condizioni analoghe a quelle del clima atlantico), mentre su opposti versanti possono verificarsi condizioni diverse di esposizione, soleggiamento, permanenza dell'umidità, escursioni termiche, tali da determinare la presenza di numerosi e diversificati microclimi.
La vegetazione
La variabilità climatica dell'area apuana, come pure la complessa natura geologica di questo territorio, che vede l'alternarsi di zone calcaree (generalmente aride, con scarso suolo basico) ad altre prevalentemente silicee (impermeabili, con terreni acidi e più ricchi di acqua) si riflettono sulla distribuzione della flora e della vegetazione. Le differenti ed articolate condizioni microclimatiche sono evidenziate dalla presenza di particolari situazioni eterotopiche quali faggete poste a quote inferiori di quelle solite, e stazioni relitte di specie mediterranee, come quelle rupestri di leccio e ginepro fenicio, poste a quote elevate (superiori ai 1000 m).
LA COSTA. Il litorale della zona apuana ha subìto negli ultimi decenni profonde trasformazioni, dovute alle attività legate al turismo balneare; solo in ristrettissimi lembi rimangono alcune vestigia dell'originario paesaggio dunale. Nella zona costiera compresa tra Bocca di Magra e Bocca d'Arno sono presenti alcune specie endemiche: la verga d'oro delle sabbie (Solidago litoralis Savi), il fiordaliso tirreno (Centaurea aplolepa Moretti subsp. subciliata (DC.) Arcang.), e altre (Oenothera marinellae Soldano, Oenothera pellegrini Soldano). Inoltre nel territorio massese di quest'area si trovano le stazioni più settentrionali - lungo la costa italiana occidentale - di alcune piante psammofile (Anthemis maritima L., Scabiosa rutifolia Vahl e Silene colorata Poiret subsp. colorata).
LA PIANURA. La pianura costiera di origine alluvionale è oggi molto densamente antropizzata; solo fino a un secolo fa era coperta da un unico e continuo manto boschivo, la "selva planiziaria costiera", di cui non rimane oggi che qualche esiguo lembo. Le pinete di pino marittimo (Pinus pinaster Aiton) e di pino domestico o pino da pinoli (Pinus pinea L.), sono state impiantate dall'uomo in tempi relativamente recenti (metà del 1700).
LA COLLINA. Sui primi rilievi, esposti a mare, la copertura vegetale è di tipo mediterraneo: dove il terreno è calcareo, fino a 300 m circa di altitudine è presente la macchia mediterranea a sclerofille sempreverdi, composta oltre che dal leccio (Quercus ilex L.), dal mirto (Myrtus communis L.), dal terebinto (Pistacia terebinthus L.) e dalla fillirea (Phillirea latifolia L.); questa copertura vegetale in vaste zone è stata sostituita con oliveti. Su terreni silicei, fino a 600 m circa di altitudine, si trova la pineta di pino marittimo (Pinus pinaster Aiton) il cui sottobosco è costituito da arbusti mediterranei, quali mirto (Myrtus communis L.), corbezzolo (Arbutus unedo L.) ed altri di tipo subatlantico, quali il ginestrone (Ulex europaeus L.). Il pino marittimo, contrariamente a quanto avviene in pianura, cresce da sempre spontaneo sulle colline silicee apuane. Questa copertura vegetale è stata largamente eliminata per impiantare i vigneti, che caratterizzano il paesaggio delle colline del Candia, tra Massa e Carrara.
LA MONTAGNA. Salendo in altitudine si incontrano i querceto-carpineti con prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop.), roverella (Quercus pubescens Willd.) e orniello (Fraxinus ornus L.) ed i cerreto-carpineti, con cerro (Quercus cerris L.), carpino bianco (Carpinus betulus L.) e nocciolo (Corylus avellana L.), più estesi in Lunigiana e in Garfagnana. Nel querceto-carpineto, sui roccioni e fra i detriti, sono frequenti alcune delle specie endemiche delle Apuane: la globularia (Globularia incanescens Viv.), simbolo dell'Orto botanico, la santolina (Santolina leucantha Bertol.), l'asteroide salicina flessuosa (Buphthalmum salicifolium L. subsp. flexile (Bertol.) Garbari), la molchia (Moltkia suffruticosa (L.) Brand) ed altre.
Gran parte dei boschi caducifogli in passato è stata trasformata in castagneti cedui o da frutto: l'uomo ha piantato o favorito il castagno (Castanea sativa Miller) in tutti i terreni leggermente acidi adatti alla pianta per ricavare castagne e legname; è infatti largamente conosciuta l'importanza che il castagno ha rivestito, soprattutto in passato, nella vita e nell'economia delle popolazioni apuane. Più recentemente il castagneto sta vivendo un periodo molto critico; le condizioni di vita delle popolazioni montane si sono nettamente urbanizzate, e non viene più effettuata la coltivazione del castagno. La inevitabile conseguenza è lo stato di abbandono nel quale i castagneti versano; le piante, non più coltivate e "rimondate", sono facilmente attaccate dai patogeni (il mal dell'inchiostro, Phytophtora cambivora, e, con grande diffusione, il cancro corticale, Cryphonectria parasitica) e, soprattutto, rischia di venire meno la fondamentale azione di consolidamento dei versanti che esercitano i boschi sani. In questa situazione rischia di andare perduto il patrimonio genetico costituito dalle numerose cultivar di castagno apuane, e con esso le conoscenze - tramandate per via orale dalle generazioni passate - riguardanti i caratteri distintivi, le caratteristiche del frutto e del legno, ed i diversi usi che ne sono possibili.
A più elevate altitudini si trovano le faggete, con maggiore estensione nel versante settentrionale delle Apuane, nella Garfagnana e nella Lunigiana, da quota 800-900 m fino a 1600-1700 m. Nel versante tirrenico, specialmente dove il substrato geologico è costituito dal marmo, le faggete hanno una minore estensione, e si trovano per lo più comprese fra la quote 1200-1400 m. Vaste superfici a faggeta sono state disboscate per aprire cave di marmo, per l'esercizio del pascolo ovino, o per ricavare legna da ardere; queste aree, dopo l'eliminazione della faggeta, difficilmente sono ricolonizzate da questo tipo di bosco. Le faggete sono boschi molto ombrosi; il ricco fogliame del faggio lascia arrivare al suolo una scarsa quantità di luce. Il sottobosco del faggio è tipicamente povero, costituito per lo più da esili specie erbacee che fioriscono in primavera, quando i faggi sono ancora spogli: l'acetosella dei boschi (Oxalis acetosella L.), l'anemone bianca (Anemone nemorosa L.), la dentaria minore (Cardamine bulbifera (L.) Crantz), e poche altre. Nelle faggete la quasi totalità della copertura arborea è data dal faggio, ma sono presenti anche il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia L.) e l'acero montano (Acer pseudoplatanus L.). Talvolta tra i faggi sono ospitate specie di notevole significato biogeografico, quali il tasso (Taxus baccata L.) e l'agrifoglio (Ilex aquifolium L.); in un lembo di faggeta, ad Orto di Donna, sul versante settentrionale del M. Contrario, trova posto l'unica stazione di abete bianco (Abies alba Miller) spontaneo delle Apuane; ha qui evidente significato relittuale, e testimonia un tipo di copertura forestale che doveva essere ben più diffusa nel postglaciale, quando tra le faggete e i boschi sottostanti si estendeva una fascia di vegetazione mista a faggio ed abete bianco. In seguito, l'intensa utilizzazione del bosco ha penalizzato l'abete bianco rispetto al faggio, che ha una elevata capacità pollonifera, e l'abete bianco è andato quasi ovunque scomparendo.
Gran parte dei boschi caducifogli in passato è stata trasformata in castagneti cedui o da frutto: l'uomo ha piantato o favorito il castagno (Castanea sativa Miller) in tutti i terreni leggermente acidi adatti alla pianta per ricavare castagne e legname; è infatti largamente conosciuta l'importanza che il castagno ha rivestito, soprattutto in passato, nella vita e nell'economia delle popolazioni apuane. Più recentemente il castagneto sta vivendo un periodo molto critico; le condizioni di vita delle popolazioni montane si sono nettamente urbanizzate, e non viene più effettuata la coltivazione del castagno. La inevitabile conseguenza è lo stato di abbandono nel quale i castagneti versano; le piante, non più coltivate e "rimondate", sono facilmente attaccate dai patogeni (il mal dell'inchiostro, Phytophtora cambivora, e, con grande diffusione, il cancro corticale, Cryphonectria parasitica) e, soprattutto, rischia di venire meno la fondamentale azione di consolidamento dei versanti che esercitano i boschi sani. In questa situazione rischia di andare perduto il patrimonio genetico costituito dalle numerose cultivar di castagno apuane, e con esso le conoscenze - tramandate per via orale dalle generazioni passate - riguardanti i caratteri distintivi, le caratteristiche del frutto e del legno, ed i diversi usi che ne sono possibili.
A più elevate altitudini si trovano le faggete, con maggiore estensione nel versante settentrionale delle Apuane, nella Garfagnana e nella Lunigiana, da quota 800-900 m fino a 1600-1700 m. Nel versante tirrenico, specialmente dove il substrato geologico è costituito dal marmo, le faggete hanno una minore estensione, e si trovano per lo più comprese fra la quote 1200-1400 m. Vaste superfici a faggeta sono state disboscate per aprire cave di marmo, per l'esercizio del pascolo ovino, o per ricavare legna da ardere; queste aree, dopo l'eliminazione della faggeta, difficilmente sono ricolonizzate da questo tipo di bosco. Le faggete sono boschi molto ombrosi; il ricco fogliame del faggio lascia arrivare al suolo una scarsa quantità di luce. Il sottobosco del faggio è tipicamente povero, costituito per lo più da esili specie erbacee che fioriscono in primavera, quando i faggi sono ancora spogli: l'acetosella dei boschi (Oxalis acetosella L.), l'anemone bianca (Anemone nemorosa L.), la dentaria minore (Cardamine bulbifera (L.) Crantz), e poche altre. Nelle faggete la quasi totalità della copertura arborea è data dal faggio, ma sono presenti anche il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia L.) e l'acero montano (Acer pseudoplatanus L.). Talvolta tra i faggi sono ospitate specie di notevole significato biogeografico, quali il tasso (Taxus baccata L.) e l'agrifoglio (Ilex aquifolium L.); in un lembo di faggeta, ad Orto di Donna, sul versante settentrionale del M. Contrario, trova posto l'unica stazione di abete bianco (Abies alba Miller) spontaneo delle Apuane; ha qui evidente significato relittuale, e testimonia un tipo di copertura forestale che doveva essere ben più diffusa nel postglaciale, quando tra le faggete e i boschi sottostanti si estendeva una fascia di vegetazione mista a faggio ed abete bianco. In seguito, l'intensa utilizzazione del bosco ha penalizzato l'abete bianco rispetto al faggio, che ha una elevata capacità pollonifera, e l'abete bianco è andato quasi ovunque scomparendo.
ZONE DI ALTITUDINE. Le zone più elevate delle Apuane ospitano spesso vegetazione non forestale, nell'ambito della quale si possono individuare diverse tipologie: vegetazione intrasilvatica situata sotto al limite altitudinale del bosco, originatasi in genere dalla distruzione della copertura forestale e circondata da zone boscate; vegetazione soprasilvatica situata al di sopra del limite altitudinale della vegetazione arborea; azonale distribuita in risposta a determinate condizioni di suolo, indipendentemente dalle caratteristiche bioclimatiche.
Nell'ambito del primo tipo di vegetazione, le praterie intrasilvatiche interessano aree di estensione ridotta, derivanti per lo più da ex coltivi (a cereali o a patate) o da pascoli. Sono costituite da erbe graminoidi e da arbusti. Un esempio è rappresentato dalla zona del Puntato.
Gli arbusteti intrasilvatici colonizzano invece terreni caldi ed aridi, percorsi spesso dal fuoco. Le specie che più facilmente si diffondono in queste condizioni sono la felce aquilina (Pteridium aquilinum (L.) Kuhn), la scopa (Erica arborea L., E. scoparia L.) e il ginestrone (Ulex europaeus L.). Esempi di arbusteti intrasilvatici sono osservabili sulle pendici meridionali del M. Altissimo e sul versante sud-occidentale del Monte Fiocca, sopra il paese di Arni (dove ricoprono terreni morenici).
Le brughiere intrasilvatiche si trovano infine su suoli acidi e sono per lo più costituite dal brugo (Calluna vulgaris (L.) Hull); ne sono esempi l'area di Campocecina ed il Passo dell'Alpino.
Nell'ambito della vegetazione soprasilvatica le praterie arborate rappresentano formazioni prative con alberi, nelle quali la copertura arborea è però minore del 20%; sono costituite da un esiguo numero di specie erbacee, tra le quali domina il palèo (Brachypodium genuense (DC.) Roemer et Schultes), che determina una quasi totale copertura al suolo. Sulle Alpi Apuane rappresentano la formazione prativa maggiormente diffusa e forse più caratteristica; si localizzano prevalentemente con esposizione meridionale e su suoli poveri. Generalmente derivano da intensa attività di pascolo, alla quale si è spesso associata la pratica dell'incendio; in questa situazione, la capacità di accestimento del palèo e la sua scarsa appetibilità da parte del bestiame, lo rendono competitivo rispetto ad altre erbe.
Le brughiere d'altitudine si trovano per lo più nelle Apuane centro-settentrionali, su suoli acidi; sono costituite principalmente da due diverse specie di mirtillo (Vaccinium myrtillus L. e V. gaultherioides Bigelow). Esempi di brughiere d'altitudine si trovano a Passo Giovo (tra il Pizzo d'Uccello e la Cresta Garnerone) e sulla parte più elevata del Monte Fiocca. In ristretti settori della catena (Monte Pisanino, Monte Contrario, Zucchi di Cardeto) sono presenti specie più rare, quali la moretta (Empetrum nigrum L.), la rosa alpina (Rosa pendulina L.) e la tossilaggine alpina (Homogyne alpina (L.) Cass.).
Le praterie d'altitudine costituiscono infine un tipo di vegetazione frammentata ed alternata a quella casmofila (vedi sotto). Sono presenti su diverse vette: M. Sagro, M. Pisanino, M. Pania della Croce, M. Croce, M. Matanna, M. Piglione, M. Prana. Sono formate da erbe perenni, per lo più Graminaceae quali il palèo (Brachypodium genuense (DC.) Roemer et Schultes) e la festuca (Festuca sp.pl.).
Fra la vegetazione azonale, la vegetazione casmofila è l'aspetto che più largamente caratterizza il paesaggio vegetale apuano d'altitudine, e si sviluppa sulle vette costituite da marmo (parte del M. Contrario, M. Tambura, M. Sella, parte del M. Sumbra, M. Altissimo, M. Corchia), grezzone (Pizzo d'Uccello, Cresta Garnerone, M. Grondilice, Catena degli Uncini, "Torrioni" del M. Corchia), e calcare selcifero (M. Sagro, parte del M. Contrario, Zucchi di Cardeto, parte del M. Sumbra). E' costituita dalle piante che vivono sulle pareti rocciose (il termine casmofilo deriva probabilmente dal greco chasma, che significa spaccatura, apertura, fessura, voragine, per lo più erbe non graminoidi, cespugli ed arbusti, che determinano un tipo di vegetazione discontinua; qui compaiono numerose specie endemiche, quali l'atamanta (Athamanta cortiana Ferrarini) e la silene lanuginosa (Silene lanuginosa Bertol.).
La vegetazione glareicola colonizza invece i ghiaioni formati dai detriti di falda ed i solchi d'erosione (glareicolo deriva probabilmente dal latino glarea, che significa ghiaia, e dal verbo colo, abitare, vivere); è costituita da erbe non graminoidi, che spesso hanno un apparato radicale a fittone. Sono presenti diverse specie di felci. Ne è un esempio la zona della Borra Canala, nel gruppo delle Panie.
Come ultimo esempio di vegetazione di tipo azonale, la vegetazione delle torbiere e praterie igrofile è particolarmente rara sulle Alpi Apuane, che sono costituite in prevalenza da formazioni rocciose calcaree e quindi permeabili, tali da non consentire all'acqua di permanere in superficie. Le torbiere derivano da laghetti glaciali che col tempo si sono interrati, e sono stati colonizzati da specie igrofile, tra le quali il veratro (Veratrum album L. subsp. lobelianum (Bernh.) Arcang.), i pennacchi (Eriophorum sp. pl. ) ed altre. Sulle Alpi Apuane l'esempio più noto di zona umida di altitudine è quello di Fociomboli, dove vivono importanti specie igrofile, quali l'orchidea palmata (Dactylorhiza incarnata (L.) Soò), l'orchidea ad un bulbo (Herminium monorchis (L.) R. Br.), ed i pennacchi (Eriophorum latifolium Hoppe, E. angustifolium Honckeny). A questa se ne deve aggiungere un'altra, di più recente individuazione, sul Monte di Roggio, nella quale è presente una specie che ha qui l'unica stazione apuana: il trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata L.); la zona umida del Monte di Roggio ospita altre specie rare, quali l'elleborina palustre (Epipactis palustris (L.) Crantz) e l'orchidea palmata (Dactylorhiza incarnata (L.) Soò).
Nell'ambito del primo tipo di vegetazione, le praterie intrasilvatiche interessano aree di estensione ridotta, derivanti per lo più da ex coltivi (a cereali o a patate) o da pascoli. Sono costituite da erbe graminoidi e da arbusti. Un esempio è rappresentato dalla zona del Puntato.
Gli arbusteti intrasilvatici colonizzano invece terreni caldi ed aridi, percorsi spesso dal fuoco. Le specie che più facilmente si diffondono in queste condizioni sono la felce aquilina (Pteridium aquilinum (L.) Kuhn), la scopa (Erica arborea L., E. scoparia L.) e il ginestrone (Ulex europaeus L.). Esempi di arbusteti intrasilvatici sono osservabili sulle pendici meridionali del M. Altissimo e sul versante sud-occidentale del Monte Fiocca, sopra il paese di Arni (dove ricoprono terreni morenici).
Le brughiere intrasilvatiche si trovano infine su suoli acidi e sono per lo più costituite dal brugo (Calluna vulgaris (L.) Hull); ne sono esempi l'area di Campocecina ed il Passo dell'Alpino.
Nell'ambito della vegetazione soprasilvatica le praterie arborate rappresentano formazioni prative con alberi, nelle quali la copertura arborea è però minore del 20%; sono costituite da un esiguo numero di specie erbacee, tra le quali domina il palèo (Brachypodium genuense (DC.) Roemer et Schultes), che determina una quasi totale copertura al suolo. Sulle Alpi Apuane rappresentano la formazione prativa maggiormente diffusa e forse più caratteristica; si localizzano prevalentemente con esposizione meridionale e su suoli poveri. Generalmente derivano da intensa attività di pascolo, alla quale si è spesso associata la pratica dell'incendio; in questa situazione, la capacità di accestimento del palèo e la sua scarsa appetibilità da parte del bestiame, lo rendono competitivo rispetto ad altre erbe.
Le brughiere d'altitudine si trovano per lo più nelle Apuane centro-settentrionali, su suoli acidi; sono costituite principalmente da due diverse specie di mirtillo (Vaccinium myrtillus L. e V. gaultherioides Bigelow). Esempi di brughiere d'altitudine si trovano a Passo Giovo (tra il Pizzo d'Uccello e la Cresta Garnerone) e sulla parte più elevata del Monte Fiocca. In ristretti settori della catena (Monte Pisanino, Monte Contrario, Zucchi di Cardeto) sono presenti specie più rare, quali la moretta (Empetrum nigrum L.), la rosa alpina (Rosa pendulina L.) e la tossilaggine alpina (Homogyne alpina (L.) Cass.).
Le praterie d'altitudine costituiscono infine un tipo di vegetazione frammentata ed alternata a quella casmofila (vedi sotto). Sono presenti su diverse vette: M. Sagro, M. Pisanino, M. Pania della Croce, M. Croce, M. Matanna, M. Piglione, M. Prana. Sono formate da erbe perenni, per lo più Graminaceae quali il palèo (Brachypodium genuense (DC.) Roemer et Schultes) e la festuca (Festuca sp.pl.).
Fra la vegetazione azonale, la vegetazione casmofila è l'aspetto che più largamente caratterizza il paesaggio vegetale apuano d'altitudine, e si sviluppa sulle vette costituite da marmo (parte del M. Contrario, M. Tambura, M. Sella, parte del M. Sumbra, M. Altissimo, M. Corchia), grezzone (Pizzo d'Uccello, Cresta Garnerone, M. Grondilice, Catena degli Uncini, "Torrioni" del M. Corchia), e calcare selcifero (M. Sagro, parte del M. Contrario, Zucchi di Cardeto, parte del M. Sumbra). E' costituita dalle piante che vivono sulle pareti rocciose (il termine casmofilo deriva probabilmente dal greco chasma, che significa spaccatura, apertura, fessura, voragine, per lo più erbe non graminoidi, cespugli ed arbusti, che determinano un tipo di vegetazione discontinua; qui compaiono numerose specie endemiche, quali l'atamanta (Athamanta cortiana Ferrarini) e la silene lanuginosa (Silene lanuginosa Bertol.).
La vegetazione glareicola colonizza invece i ghiaioni formati dai detriti di falda ed i solchi d'erosione (glareicolo deriva probabilmente dal latino glarea, che significa ghiaia, e dal verbo colo, abitare, vivere); è costituita da erbe non graminoidi, che spesso hanno un apparato radicale a fittone. Sono presenti diverse specie di felci. Ne è un esempio la zona della Borra Canala, nel gruppo delle Panie.
Come ultimo esempio di vegetazione di tipo azonale, la vegetazione delle torbiere e praterie igrofile è particolarmente rara sulle Alpi Apuane, che sono costituite in prevalenza da formazioni rocciose calcaree e quindi permeabili, tali da non consentire all'acqua di permanere in superficie. Le torbiere derivano da laghetti glaciali che col tempo si sono interrati, e sono stati colonizzati da specie igrofile, tra le quali il veratro (Veratrum album L. subsp. lobelianum (Bernh.) Arcang.), i pennacchi (Eriophorum sp. pl. ) ed altre. Sulle Alpi Apuane l'esempio più noto di zona umida di altitudine è quello di Fociomboli, dove vivono importanti specie igrofile, quali l'orchidea palmata (Dactylorhiza incarnata (L.) Soò), l'orchidea ad un bulbo (Herminium monorchis (L.) R. Br.), ed i pennacchi (Eriophorum latifolium Hoppe, E. angustifolium Honckeny). A questa se ne deve aggiungere un'altra, di più recente individuazione, sul Monte di Roggio, nella quale è presente una specie che ha qui l'unica stazione apuana: il trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata L.); la zona umida del Monte di Roggio ospita altre specie rare, quali l'elleborina palustre (Epipactis palustris (L.) Crantz) e l'orchidea palmata (Dactylorhiza incarnata (L.) Soò).