Geologia,approfondimento

Calcare, grezzone

 

 

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Aragonite

 

 

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cava di marmo

 

 

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Buca dell'omo selvatico

 

 

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Panorama

La struttura tettonica della penisola italiana, come quella di tutto il Mediterraneo, è il risultato dell’interagire tra le due zolle continentali, l’africana e l’europea. La spinta verso nord della zolla africana è la causa di tutte le manifestazioni geologiche degli ultimi 20-30 milioni di anni, dal metamorfismo dei marmi delle Alpi Apuane alla formazione delle fosse tettoniche che caratterizzano la morfologia e l’idrologia della Toscana e del Lazio.

La storia geologica della nostra Regione si può far cominciare dal Carbonifero, periodo del paleozoico così chiamato per l’abbondanza di giacimenti di carbone, che si formavano allora nell’Europa continentale. Le più antiche formazioni rocciose della Toscana si sono formate in quel tempo, ed affiorano oggi sul Monte Pisano e sulla Montagnola Senese, sono le “arenarie listate di Buti”, che presentano evidenze del ciclo orogenetico ercinico [1]. Queste rocce sono state prima deposte, successivamente corrugate dall’orogenesi Ercinica, erose dagli agenti atmosferici e successivamente ricoperte dalle rocce delle unità tettoniche toscane [2], per poi subire anch’esse tutta l’orogenesi alpidica.

Nei successivi 230 milioni di anni si sono deposte nuove formazioni litologiche[3], dapprima le rocce del Verrucano (prende il nome dalla Verruca del Monte Pisano), di origine continentale (generalmente ambienti paludosi, deltizi o lagunari). Successivamente con una trasgressione marina[4] inizia la deposizione carbonatica delle unità toscane.

 La sedimentazione dei carbonati, e cioè la dolomia (quella apuana è nota come grezzone) il calcare massiccio e il marmo, indicano la presenza di un mare caldo, dove è possibile la vita di alghe e coralli in grado di formare barriere coralline e atolli. In quel momento (meno di un centinaio di milioni di anni fa) ci trovavamo a latitudini più meridionali di adesso. I vari calcari selciferi che sono sopraggiunti in seguito, come le marne indicano invece che il fondo del mare stava lentamente approfondendosi, per questo la barriera corallina non poteva più crescere, ma si depositavano solo gusci di animali pelagici, in prevalenza radiolari e foraminiferi. La scaglia ci dà un’ulteriore indicazione: il mare è talmente profondo che gli scheletri calcarei dei foraminiferi non riescono a raggiungere il fondo perché vengono sciolti prima dall’acqua marina[5] e può depositarsi allora solo la frazione insolubile, argille portate in mare dai fiumi e la polvere delle meteoriti.

Le serie toscane terminano con la deposizione dell’arenaria Macigno, circa 2500 metri di sabbie e argille deposte in meno di 10 milioni di anni, che indicano l’inizio della fase orogenetica alpina. Infatti, i materiali costituenti il macigno arrivano direttamente dalle Alpi occidentali che allora erano già in fase di sollevamento. Il sollevamento porta alla conseguente erosione dei nuovi rilievi e le sabbie e le argille risultanti vengono quindi trasportate al mare dai corsi d’acqua. Questi sedimenti si andavano a depositare sulla piattaforma continentale e di qui, mobilizzati dai frequenti terremoti (orogenesi significa nascita delle montagne per l’urto tra due zolle continentali, con conseguenti attriti e liberazione di energia sotto forma di onde sismiche) franavano lungo la scarpata e, dopo un viaggio di centinaia di chilometri nelle profondità oceaniche finivano per fermarsi nelle zone più depresse.

Quando è cominciata la spinta del continente africano contro l’Europa, le Alpi, sul confine, si sono corrugate per prime, poi la pressione deformativa si è manifestata anche da noi, si sono differenziate così le diverse unità tettoniche. Per un complesso gioco di accavallamenti quella che ora chiamiamo Unità Metamorfica Toscana ha finito per trovarsi a circa 15 chilometri di profondità, dove la temperatura raggiunge i 400° C. L’azione combinata di pressione, per le rocce sovrastanti, e di temperatura ha provocato la trasformazione di quelle rocce sedimentarie in nuove rocce, metamorfiche.

 Dopo lo sprofondamento per reazione è avvenuto l’innalzamento dell’unità tettonica che è emersa dando origine alle Apuane, al Monte Pisano e alla Montagnola Senese.

Il sollevamento dell’Appennino è di poco posteriore, il suo aspetto, meno aspro rispetto alle Apuane, non è quindi indice di longevità, ma di una minor resistenza delle rocce appenniniche all’erosione.

Successivamente si è verificata una fase tettonica distensiva; come per liberarsi dalla pressione subita, la crosta toscana si è fratturata in fosse e alti tettonici (Graben e Horst) di direzione appenninica (NW-SE), che hanno condizionato quasi tutta l’idrografia attuale della regione.

Le fosse tettoniche più occidentali furono invase dal mare, mentre le più orientali, le più elevate, diventarono sede di bacini lacustri (laghi pliocenici di Castelnuovo Garfagnana e di Barga, i laghi del Mugello). Vi si depositarono le argille, lacustri o marine, tutte di provenienza continentale. Variazioni del livello del mare e movimenti della crosta terrestre provocarono alternanze di trasgressioni e regressioni marine, con conseguenti alternanze litologiche. È così iniziato un nuovo ciclo sedimentario che probabilmente durerà per tutti i prossimi 2-300 milioni di anni.

 La genesi dell'Antro del Corchia è chiaramente collegata alla formazione del massiccio delle Alpi Apuane. I geologi fanno risalire a circa 220 milioni di anni fa l'inizio del processo che ha portato alla loro formazione: a quel tempo nella zona esisteva una pianura, residuo di antichissime montagne distrutte dall'erosione (Basamento Ercinico).

Lentamente la zona è sprofondata ed è stata sommersa dal mare: qui ha avuto inizio la sedimentazione di sali (carbonati) che nel corso dei millenni ha formato una spessa piattaforma (grezzone). Su questa, man mano che la profondità aumentava, si sono depositati altri carbonati più fini (marmi) ed infine, raggiunte le massime profondità, si è formato uno strato di selce e gusci di protozoi (Diaspri).

Circa 100 milioni di anni fa il movimento di sprofondamento si è arrestato e si è inverto: in questa fase si sono depositati altri materiali di provenienza costiera (Scisti, Pseudomacigno e Arenarie).

Circa 20 milioni di anni fa ha avuto inizio l'emersione di tutta la zona: enormi forze di compressione verticali e laterali hanno provocato la trasformazione dei sedimenti e la separazione per scorrimento laterale di alcuni strati: quelli più superficiali hanno formato gli Appennini, quelli intermedi le Apuane.

Le piogge iniziarono l'azione erosiva: le fratture originatesi nel sollevamento diventarono letti di fiume e formarono delle valli.

Un milione di anni fa intervennero le glaciazioni con tutti i fenomeni che accompagnano questo tipo di clima: depositi morenici, rocce levigate dallo scorrimento dei ghiacci ancora oggi ben visibili.

Terminata l'era glaciale, lo scioglimento di enormi strati di ghiaccio ha provocato la nascita di torrenti impetuosi che, trascinando a valle detriti, incisero erodendo i fianchi della montagna, creando forme originali ancora oggi visibili come le Marmitte dei Giganti. Altri spettacolari effetti della corrosione e dell'erosione di piogge e vento sono il Monte Forato ed il Monte Procinto, una specie di "panettone" circondato a 360 gradi da pareti perfettamente verticali.

E' in questa fase che ha avuto inizio la formazione delle cavità cosiddette carsiche, così numerose sulle Apuane: le acque piovane e da disgelo, arricchite di anidride carbonica, penetrano nelle fratture e la corrosione chimica (l'acqua contenente anidride carbonica scioglie le rocce carbonatiche) e l'erosione le arrotonda e le allarga. Man mano che l'erosione procede, le acque trovano nuove fratture, che vengono a loro volta invase e corrose. Si crea così un dedalo di gallerie e le acque scendono sempre più in basso fino a raggiungere lo zoccolo antico, che resiste alla corrosione (essendo silicatico e non carbonatico).

E' così che si sono formate le numerose grotte delle Apuane; ne esistono a decine. Le più importanti sono: Abisso Fighiera, Abisso Farolfi, Abisso Valinor, Buca d'Eolo (tutti collegati fra loro a formare l'antro del Corchia), Abisso Baader-Meinhof (probabilmente anch'esso collegato), Abisso Olivifer (1200 m ), Abisso dello Gnomo (900 m), Abisso Roversi (755 m), Abisso Revel (300 m), Grotta del Vento, Buca dell'Omo Salvatico, Tecchia d'Equi  (ricca di reperti paleontologici), Grotta d'Equi e molti altri, anonimi ed inesplorati.


[1] Si tratta del più grande momento di formazione di montagne, registrato sulla crosta terrestre, precedente all’orogenesi alpina o alpidica; si è sviluppato tra i 370 e i 200 milioni di anni fa; montagne erciniche sono gli Urali, i monti Appalachi, il Massiccio Centrale, mentre alla fase alpidica appartengono tutte le catene montuose ancora attive, dalle Alpi all’Imalaia, … dagli Appennini alle Ande.

[2] Un’unità tettonica è un insieme di formazioni litologiche caratterizzato dall’aver vissuto la stessa storia deformativa e dislocazione tettonica senza aver perso la propria individualità.

[3] la formazione è l’unità litostratigrafica principale, che il geologo cerca sempre di distinguere e cartografare durante il rilevamento, è caratterizzata da caratteri litologici propri distinti da quelli delle rocce sottostanti, sovrastanti e adiacenti.

[4] Si ha trasgressione quando la terra viene sommersa dal mare, regressione quando il mare si ritira

[5] Più propriamente si dice che il fondale marino è oltre il limite di compensazione dei carbonati. Questo limite varia di quota con il variare del chimismo dell’acqua, un pH acido favorisce la dissoluzione. L’immissione di forti dosi di CO2 in mare, dovuta a eruzioni marine, innalza il limite di compensazione (rende l’acqua più aggressiva) si spiegano così i diaspri, rocce silicee quasi insolubili, intercalati tra i calcari selciferi.