Le marmitte dei giganti 

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La strada che congiunge Castelnuovo Garfagnana con la Versilia, attraversa le Alpi Apuane con la Galleria del Cipollaio, scendendo fino a Seravezza e a Forte dei Marmi. Oltrepassata la Galleria del Cipollaio,  possiamo osservare, nelle immediate vicinanze della strada,  un fenomeno imponente: le Marmitte dei Giganti , formatesi lungo i fossi del Fatonero e dell’Anguillaia.

Il fosso del Fatonero sbocca nella Turrite Secca, affluente del Serchio, che da Tre Fiumi, parallelamente alla strada, scende fino a Castelnuovo Garfagnana. Il fosso dell’Anguillaia, sempre sullo stesso versante, scende anch’esso nella Turrite ed è facilmente riconoscibile per la presenza di una cava di marmo, ora dismessa, nella parte più bassa sotto la strada.

 Le Marmitte si presentano come cavità abbastanza regolari, di forma grossolanamente cilindrica, con pareti estremamente levigate, spesso con  fondo  a calotta. Sono scavate nella viva roccia e le loro dimensioni sono variabilissime: vanno da pochi centimetri a 5-6 metri di diametro. E’ possibile rinvenirle più frequentemente sul letto dei torrenti, su rocce anticamente ricoperte da ghiacciai ed infine, ma raramente, sulle coste del mare. Le marmitte torrentizie sono originate dall’abrasione di materiali detritici, che, trascinati dalla turbolenza delle acque, agiscono sulla roccia secondo traiettorie circolari. Più difficile è individuare se l’acqua che ha posto in moto i detriti sia quella di un vero e proprio torrente, oppure quella dei ghiacciai, che scorrendo sotto i lastroni o precipitando lungo crepacci e fessure, trascina materiali sottratti alle pareti rocciose,  che possono ugualmente portare alla formazione delle marmitte. Le Marmitte dei fossi del Fatonero e dell’Anguillaia però, sono particolari, in quanto le pareti verticali non sono cilindriche, ma presentano una doppia curvatura che può essere assimilata ad una parabola ed a tratti ad una ellisse, per cui la loro genesi è ancora da definire;  secondo il Masini sarebbe da ricercarsi nelle correnti che si svolsero in regime forzato attraverso i cunicoli subglaciali. Le Alpi Apuane furono interessate dal glacialismo würmiano ed anche il monte Sumbra ospitò delle masse glaciali come documenta la morena di Arni (Stoppani 1872).

Una marmitta (n.10) del fosso dell’Anguillaia presenta una struttura reticolare a cellette che testimonia un evidente attacco carsico (Palagi 1982) e  strutture simili sono osservabili sul fondo di altre cavità .

 Il fosso del Fatonero

Lasciata la macchina sul tratto di strada di fronte al torrente, subito dopo la galleria Tre Fiumi, ci si può incamminare nel  ravaneto sottostante percorrendo poi qualche decina di metri sul greto del torrente Turrite Secca. L’imbocco del fosso, tuttavia, è poco visitabile perché stretto e incassato, ma è ben visibile dalla strada. Le Marmitte sono state numerate con numero decrescente al risalire del fosso: in tutto sono 21. Cominciando a salire si incontrano subito le prime marmitte; il percorso diviene più difficile dopo la marmitta N°14; infatti il fosso passa su una scivolo lungo non più di 6-8 metri, con una pendenza sempre maggiore man a mano che si sale. E’ consigliabile il passaggio a chi abbia un minimo di esperienza ed adeguata attrezzatura.

Dopo questo tratto il percorso è di nuovo facile e si sale comodamente fino alle marmitte contraddistinte dai numeri 5 fino a 10; tra queste troviamo la N°8 perfettamente regolare, con diametro di 6,60m e profondità 1,60m.

Proseguendo lungo il fosso non si incontrano più marmitte per un lunghissimo tratto. In alto la valle si apre e tocca le pendici del monte Fiocca; in questo luogo si trovano alcune vasche bianchissime, larghe e poco profonde, sagomate grossomodo a ciotola: forse marmitte al primo stadio di formazione.

 Il fosso dell’Anguillaia

Si trova più a valle ed ha inizio con una cava di marmo; vi si accede dalla strada provinciale, si sale lungo il canale in direzione della parete sud del monte Sumbra. Il percorso è abbastanza difficile per la presenza di scivoli e di pareti strapiombanti levigate. Consigliamo di non avventurarsi da soli e di rivolgersi agli accompagnatori del Parco.

Le marmitte del fosso dell’Anguillaia furono descritte da Masini (1929); secondo i suoi disegni in 300 m dovevano trovarsi 13 marmitte, oggi di tutte queste ne restano 2 o 3 di quelle superiori, le altre sono state distrutte per l’estrazione del marmo.

Dopo aver percorso il greto del fosso, si giunge ad uno scivolo di pietra che sbarra il canale; risalitolo, si giunge alla prima marmitta intatta occupata al centro da un grosso masso; si supera sulla sinistra del bordo e si giunge dentro ad una grande marmitta che inizia una serie di 3 consecutive strapiombanti l’una nell’altra. Qui il percorso si fa difficile: finché non saranno attrezzate è pericoloso per i non esperti passare da queste marmitte ed è conveniente seguire il segnavia giallo che si inerpica lungo la parete.

Si incontrano salendo, gli ingressi di due grotte ed arrivati alla sommità si apre un panorama bellissimo: si può vedere verso nord-ovest la parete sud del monte Sumbra che domina le valli tormentate dai fossi dell’Anguillaia e del Fatonero, a sud in basso la cava da cui siamo partiti e alzando lo sguardo il gruppo delle Panie.