Agricoltura di sussistenza: il castagno

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Spiazzo un tempo adibito a carbonaia

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Raccolta delle castagne

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Castagneto

 

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Mulino per la macinatura della castagna

 

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Macchina per la lavorazione della castagna

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antichi attrezzi agricoli

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Un metato

L’agricoltura montana è stata essenzialmente un’agricoltura di sussistenza e il castagno ha giocato un ruolo fondamentale; un ruolo importante hanno anche avuto, soprattutto nella zona di Stazzema,  i boschi cedui di faggio e di cerro, che venivano tagliati ogni 12 anni  per la produzione del carbone nelle apposite carbonaie.

Coltivazione

Il castagneto veniva coltivato in aree sistemati in terrazzi, proteggendo il piede delle piante con mezze lune di terra sostenuta da muretti a secco per favorire la raccolta di frutti, la concimazione e impedire il dilavamento del suolo. La ceppaia veniva ripulita ogni anno dai polloni, ogni tre anni si concimavano interrando fogliame misto agli stessi

ricci del frutto;  ogni quattro anni venivano potati.

Raccolta

 Prima della raccolta, verso la fine dell’estate, le donne ei ragazzi procedevano alla “rimonda” del castagneto, cioè alla ripulitura del sottobosco per facilitarne la raccolta dei frutti che avveniva in ottobre-novembre. 

Per raccogliere le castagne venivano usati appositi grembiuli a tasca, spesso ricavati da vecchi abiti dimessi. 

La raccolta delle castagne, come altre fasi della loro lavorazione, rappresentava un evento fondamentale per tutta la comunità, essendo uno dei periodi centrali dell’annata agricola e anche un  momento di forte socializzazione. 

Misurazione

Dopo la raccolta si procedeva alla misurazione delle castagne di cui con l’essiccazione se ne perdevano i 2/3. le unità di misura adoperate erano lo STAIO (18 Kg), la Quarra (1/6 di staio pari a 3 Kg) e il Bozzero (1/12 di staio pari a 1,5Kg).

Essiccazione

Le castagne venivano essiccate nei metati, di solito costruiti nelle vicinanze dei paesi per facilitare la sorveglianza del fuoco nelle ore notturne. Il metato è una piccola costruzione in muratura di sassi, coperta da un tetto di lastre di pietra e suddivisa in due locali sovrapposti: in quello sottostante si manteneva acceso per circa un mese un modesto fuoco alimentato da grossi ciocchi di castagno cosparsi di pula (bucce di castagno dell’anno precedente), mentre in quello superiore, sopra un graticcio, venivano poste le castagne. Nel muro al di sopra dei graticci si trovava una finestra attraverso la quale  venivano immesse le castagne e delle piccole feritoie da cui usciva abbondante fumo. Trascorso un mese, il pavimento del metato veniva ben pulito dalla legna e dalla cenere e i graticci allentati con una forcella per far cadere le “secchine” (castagne secche). Fino a trenta-trentacinque anni fa molti metati erano ancora in funzione, oggi sono stati abbandonati o trasformati in abitazioni.

Pestatura

Le castagne, una volta essiccate, dovevano essere battute. Si procedeva in due modi:

  • Pestatura con sacchi: le castagne venivano messe in un sacco legato alle due estremità e due uomini le battevano ritmicamente, sopra un grosso ciocco di castagno, il ceppo. Sul sacco veniva messa una sostanza preparata con semola e acqua, la bozzina, per impedirne la rottura. 

  • Pestatura con le mazzelanghe: le castagne ammucchiate per terra su una piccola aia, erano battute con la mazzalanga, uno strumento di legno formato da un bastone leggermente arcuato dotato, ad un’estremità, di un pesante disco di castagno piatto nella parte inferiore e leggermente convesso in quello superiore. I pestantini, girando intorno alle castagne, con movimenti coordinati sollevavano le mazzelanghe e le lasciavano poi ricadere di piatto sul mucchio che talvolta era coperto da sacchi di tela per ammortizzare i colpi. In tempi più recenti si pratica la pestatura a macchina.

Nettatura

al termine della pestatura manuale, per separare i residui della buccia  dal frutto, i cosiddetti pesticci, era necessario “arbolare” e crivellare le secchine. Inoltre prima di portarle al molino venivano nettate: le castagne non commestibili erano date in pasto agli animali.

Macinatura

 il mulino si trovava in prossimità dei corsi d’acqua di cui sfruttava l’energia per il funzionamento delle macine. La forza di caduta dell’acqua convogliata per mezzo della gora, faceva girare su se stessa una ruota verticale a pale che trasmetteva il suo movimento alle macine grazie ad una coppia di ingranaggi di legno capaci di trasformare il moto rotatorio da verticale in orizzontale. Le castagne venivano fatte passare dal locale di raccolta a quello della macinatura mediante una botola che le convogliava nella tramoggia, una specie di imbuto quadrangolare terminante in una cabaletta. Scendendo lungo la cabaletta cadevano dentro il foro centrale della macina e finivano tra la macina girevole e il piano fermo dove erano ridotte a farina.

Utilizzo

La farina di castagne veniva utilizzate nell’alimentazione quotidiana in forma di polenta (farina impastata con acqua), di ciacci, cioè fra due piastre di ferro arroventate, di castagnaccio, o sotto forma di vinata, cioè  mescolata con vino leggero.

 

Foto realizzate dall'Istituto Professionale di Stato per l'Agricoltura e l'Ambiente "L. Fantoni"