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com'è
il |
Complesso carsico
dell'Antro del Corchia
percorso
turistico
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Visita all'itinerario
sotterraneo
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l’ingresso artificiale per l’Antro del Corchia è stato ricavato
all’interno di un vecchio saggio estrattivo. Si procede in leggera salita per quasi 170 m di lunghezza,
superando un dislivello di 20 m circa. La profondità del condotto
artificiale non è percepibile a pieno per la presenza di tre porte in
successione, che separano altrettanti segmenti di galleria chiudendola a
“tenuta aerea”. Il fine è quello di controllare gli scambi di corrente
tra ambiente esterno ed interno.
Si attraversano strati marmorei di
diversa qualità e, nella parte mediana, si intercetta perfino una faglia,
con il classico piano di scorrimento (lo “specchio” solcato da evidenti
striature), oltre il quale la galleria procede in una tipica breccia di
frizione, con rocce frantumate.
L’immissione del tunnel nell’Antro vero e proprio avviene alla quota di
880 m sul livello del mare, sulla curva a gomito di un condotto che
discende dal vicino ingresso naturale della “Buca del Serpente” (943 m).
Appena entrati nella cavità carsica, si lascia sulla destra una tozza
concrezione stalagmitica di forma conica, denominata “Il Gendarme”. La
progressione nell’Antro è facilitata da passerelle, nella forma di ponti,
rampe e gradoni in acciaio, che hanno pure mitigato la trasformazione
dell’ambiente carsico, indotta dalla presenza turistica, soprattutto
perché evitano il contatto con il fondo della grotta.
Con 37 m di dislivello e ben 212 scalini, il percorso affronta subito
una discesa impegnativa lungo la “Galleria Franosa”. Il nome non deve
indurre timore e preoccupazione, poiché non si riferisce a possibili
crolli di massi dal soffitto della grotta. La discesa nella “Galleria
Franosa” supera una serie di salti, che appena si intuiscono.
Il
tratto mediano è costituito da un unico impressionante e stretto vano,
che supera i 30 m di altezza, con una larghezza mai superiore ai 4 m,
fino a ridursi a 150 cm.
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Il luogo ha avuto una complessa origine da una
grande frattura verticale, le cui pareti si presentano oggi piuttosto
ondulate, talvolta con incisioni sub-orizzontali, ampie e profonde.
La “Galleria Franosa” ha termine a quota 843, in uno slargo con depositi
di conglomerati sulla volta, dove ha origine la
“Galleria degli Inglesi”. Tre ponti in successione sono necessari per
oltrepassare altrettanti sfondamenti, che conducono in profondità i
pochi rivoli d’acqua corrente, nell’occasione di piogge abbondanti.
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Guardando in basso è possibile osservare alcune tracce evidenti di
erosione meccanica conseguente ai movimenti che le acque hanno avuto,
a pelo libero, in tempi successivi alla formazione freatica delle
gallerie. Sono infatti presenti alcune belle marmitte e semi-marmitte;
di fianco, le pareti ricoperte da scallops (cioè piccole
concavità regolari, dette anche a “colpi di sgorbia”), di varie
dimensioni, sono il risultato di passati scorrimenti turbolenti
delle acque sotterranee.
La “Galleria degli Inglesi” ha uno sviluppo complessivo, nella parte
attrezzata, di 245 m di lunghezza ed appartiene ad un reticolo di
condotti rettilinei, orizzontali e sovrapposti, originatisi sul
piano di un’unica frattura sub-verticale, che è andata incontro ad
un ulteriore ampliamento per fenomeni chimici e meccanici. Le due
principali gallerie del reticolo sono separate, ma esistono lungo il
percorso diversi punti di comunicazione. Questi collegamenti
verticali cominciano a rendersi più evidenti dalla metà in poi.
All’altezza dell’apertura comunicante più vasta, è possibile
osservare, in alto a sinistra, l’imbocco più interno alla “Galleria
della Neve”. Si tratta di un bel condotto quasi perfettamente
circolare, di sezione costante, con le pareti incise da nitide
scallops. Il fondo di questa diramazione è coperto, per buona
parte, da un deposito di bianchissimo “latte di monte” (calcite
flottante, allo stato fluido di consistenza pastosa), che appare
assai simile, nell’aspetto, ad una spolverata di neve fresca, da cui
il nome della stesso condotto.
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Il tratto ascendente della “Galleria
della Neve” è impostato su di un giunto di strato, ad andamento
parallelo al vicino contatto stratigrafico tra marmi e grezzoni, in
cui emerge un piccolo livello di “Brecce di Seravezza”, dal cemento
viola-scuro che traversa la volta.
Le concrezioni della “Galleria degli Inglesi” non sono molto
abbondanti, anche se particolarmente suggestive per le decise
striature di rosso ruggine, bianco e perfino bruno. In un primo
tempo, l’intensa colorazione di stalattiti e stalagmiti aveva
indotto il mondo della speleologia ad attribuire alle medesime
cavità la denominazione di “Galleria Dipinta”. La dedica agli
“Inglesi” si è poi affermata quando fu chiarito che la scoperta di
questo tratto dell’Antro del Corchia era stato il risultato vincente
dell’esplorazione, nel 1968, degli speleologi del Derbyshire Caving
Club.
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Il termine della “Galleria degli Inglesi”, sulla sinistra, una
cascatella precipita da un alto camino incidendo la parete con ampie
scanalature. Il percorso attrezzato, raggiunta quota 859 m, evita di
proseguire a dritto verso la “Risalita dei Romani”.
Si piega dunque a destra per ricercare l’ingresso della “Galleria del
Venerdì”, attraverso una strettoia, che scarta sul lato opposto. Il
tratto successivo, ascendente e pressoché rettilineo, è impostato su
un’altra frattura sub-verticale. L’acqua ha agito, in passato, su
diversi livelli originando vani intercomunicanti che si perdono per
diversi metri in altezza. Il fondo è sempre coperto da blocchi e sabbia.
La “Galleria del Venerdì” ha una lunghezza di 261 m ed è interamente
d’origine freatica. Ad un terzo del suo sviluppo, mentre il condotto
gira a sinistra, la parete contrapposta offre un’imponente concrezione a
colata, che simula la forma di un’aquila, con le ali pronte al volo. Di
fianco, un anfratto stalagmitico, sorretto da una colonna calcarea, ha
preso il nome di “Capanna trogloditica”. Dopo circa 75 m, si giunge al “Laghetto del Venerdì”. Le acque sono poco
profonde, ma devono essere superate da un ponte che si appoggia
all’opposta riva sabbiosa.
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Questo piccolo spazio è sempre stato un
frequentato bivacco per speleologi, almeno a tener conto delle
innumerevoli scritte che si accalcano sulle vicine pareti.
La quota non è molto variata rispetto alla “Galleria degli Inglesi”: 860
m s.l.m. Il percorso continua con un tratto debolmente discendente, a
sezione costante della grotta ad arco. Si osservano tracce di crolli
sulla volta e un fondo sabbioso, cosparso di blocchi e lastroni, mentre
sulle pareti sono frequenti concrezioni a colorazione naturale scura, se
non proprio nera (poiché ricche di manganese).
Si raggiunge una stretta e profonda forra, in cui si gettano le acque di
un torrentello che poi prosegue a destra nel “Pozzo della Gronda” o
“della Cascata”. Ha qui origine quel lungo ramo discendente dell’Antro
del Corchia, che va poi a morire sul fondo, alla quota di 450 m ca. |
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Le passerelle superano la forra con facilità, proponendo al visitatore
l’unico bivio attrezzato. Il percorso, in quest’ultima parte, disegna un
anello di 321 m di sviluppo, per cui scegliere l’una o l’opposta via non
fa differenza; tanto si ritorna sempre in questo stesso punto.
Le indicazioni suggeriscono la direzione a destra che penetra più
facilmente nella suggestiva “Galleria delle Stalattiti”. C’è comunque
una sorta di vestibolo da dover attraversare, anch’esso concrezionato,
sebbene ormai quasi del tutto fossile. E’ la “Foresta pietrificata” che
si pone di fronte, con stalattiti e stalagmiti dalle forme rigonfie e
dal colore grigio-bruno della terra. L’acqua qui non scorre più e
poche gocce vivificano le concrezioni, che sono così dense che quasi
ostacolano il cammino. Le passerelle avanzano con attenzione in questo
mondo irrigidito e polveroso, zigzagando in tutte le direzioni. Al punto
più estremo di penetrazione nell’Antro del Corchia, la parete trasuda di
acqua che proviene dai livelli freatici attivi, posti oltre.
Un grosso masso di crollo, con sopra una stalagmite falliforme, fa da
architrave alla porta d’ingresso per la parte ancora “viva” della
“Galleria delle Stalattiti”. Lo speleologo Jean-Carlo Fait ha definito
il luogo come un’oasi di rara bellezza in mezzo ad un mondo di pietra,
di fango e d’acqua. Sono ambienti di intensa suggestione, ai quali poche
sale sotterranee al mondo si possono paragonare ancora oggi.
Descrivere quanto si presenta agli occhi è
difficile per la ricchezza cromatica e la varietà di forme che qui si
sono originate. Le concrezioni si addossano le une alle altre, scendono
lungo le pareti e si tuffano in piccole pozze d’acqua limpida. Le trine
di pietra di alcuni ventagli di calcite mostrano l’alternanza di strati
colorati. Il drappeggio stalattitico sfiora una stalagmite ricoperta di
noduli calcarei. Sullo sfondo un unico pilastro sembra reggere la volta
di questo luogo di sublimazione estetica.
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La “Galleria delle Stalattiti” è una tipica condotta freatica, posta
alla quota media di 871 m, in cui la precipitazione dei carbonati è
ancora attiva. Anche qui il percorso attrezzato si è adattato a
penetrare con rispetto tra le concrezioni. Al termine, si prosegue per
un breve tratto discendente, attraversato da un torrentello in cascata,
con massi di crollo che restringono il cammino. Poi il percorso ritorna
piano ed agevole.
Siamo di nuovo al punto di chiusura dell’anello
finale. Sulla sinistra la possibilità di rivedere l’eden delle “Stalattiti”;
sulla destra il ritorno alle terrene cose.
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Morfogenesi:
Il sistema carsico dell'Antro si è formato in circa 5
milioni di anni e in più fasi di sviluppo. Il reticolo ipogeo del Corchia
presenta grandi gallerie orizzontali insieme a pozzi, talvolta anche
molto profondi, e meandri, spesso di piccole dimensioni, scavati in
regime vadoso lungo le principali famiglie di fratture. I livelli
orizzontali – posti alle quote di 1400, 1200 e 850 m s.l.m. –
corrispondono a tre momenti successivi di stasi tettonica, ossia di
equilibrio isostatico del Monte Corchia. I periodi di sollevamento delle
Alpi Apuane, intervallati alle stasi, hanno dato origine ai condotti
verticali. A quote inferiori a 700 m il sistema carsico è ancora in fase
di sviluppo e tuttora al di sotto della zona satura.
Le prime fasi di sviluppo delle gallerie più alte dell’Antro del Corchia
(1400 m circa) sono da far risalire al Pliocene medio-inferiore, periodo
nel quale ha avuto inizio il denudamento del nucleo metamorfico apuano,
vuoi per cause tettoniche che erosive. Il livello intermedio – quello a
1200 m – risulta il più sviluppato e può essere datato al Pliocene
inferiore. Anche per il livello inferiore, posto intorno agli 850 m di
quota, il prolungato stazionamento della zona satura ha determinato lo
sviluppo di complessi reticoli di condotte a morfologia freatica e che i
geologi collocano nel Pleistocene medio-superiore.
Il tratto attrezzato per la fruizione turistica si sviluppa lungo il
livello orizzontale posto a quota 850 m (dalla “Galleria degli Inglesi”,
a quella del “Venerdì” per terminare alle “Stalattiti”), ma permette
anche di incontrare diversi imbocchi che corrispondono al reticolo
vadoso verticale. Proprio alla fine della discesa iniziale è possibile
apprezzare l’ingresso del “Suzanne” che corrisponde ad un pozzo che
raggiunge in basso il “Ramo del Giglio”. Stessa origine vadosa deve aver
avuto la stretta forra presente dopo la “Galleria del Venerdì”, da cui
si sviluppa un lungo ramo che discende fino a 450 metri circa. Il
percorso termina con la suggestiva “Galleria delle Stalattiti”, tipica
condotta freatica, dove i fenomeni carsici sono ancora attivi. |
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