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trent'anni di parco (1985-2015)
 

 


com'è il

Complesso carsico dell'Antro del Corchia
percorso turistico
 

 

Visita all'itinerario sotterraneo
 

dov'è l'antro del corchia
 

l’ingresso artificiale per l’Antro del Corchia è stato ricavato all’interno di un vecchio saggio estrattivo. Si procede in leggera salita per quasi 170 m di lunghezza, superando un dislivello di 20 m circa. La profondità del condotto artificiale non è percepibile a pieno per la presenza di tre porte in successione, che separano altrettanti segmenti di galleria chiudendola a “tenuta aerea”. Il fine è quello di controllare gli scambi di corrente tra ambiente esterno ed interno.
Si attraversano strati marmorei di diversa qualità e, nella parte mediana, si intercetta perfino una faglia, con il classico piano di scorrimento (lo “specchio” solcato da evidenti striature), oltre il quale la galleria procede in una tipica breccia di frizione, con rocce frantumate.
L’immissione del tunnel nell’Antro vero e proprio avviene alla quota di 880 m sul livello del mare, sulla curva a gomito di un condotto che discende dal vicino ingresso naturale della “Buca del Serpente” (943 m). Appena entrati nella cavità carsica, si lascia sulla destra una tozza concrezione stalagmitica di forma conica, denominata “Il Gendarme”. La progressione nell’Antro è facilitata da passerelle, nella forma di ponti, rampe e gradoni in acciaio, che hanno pure mitigato la trasformazione dell’ambiente carsico, indotta dalla presenza turistica, soprattutto perché evitano il contatto con il fondo della grotta.
Con 37 m di dislivello e ben 212 scalini, il percorso affronta subito una discesa impegnativa lungo la “Galleria Franosa”. Il nome non deve indurre timore e preoccupazione, poiché non si riferisce a possibili crolli di massi dal soffitto della grotta. La discesa nella “Galleria Franosa” supera una serie di salti, che appena si intuiscono.
Il tratto mediano è costituito da un unico impressionante e stretto vano, che supera i 30 m di altezza, con una larghezza mai superiore ai 4 m, fino a ridursi a 150 cm.
 


 

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Il luogo ha avuto una complessa origine da una grande frattura verticale, le cui pareti si presentano oggi piuttosto ondulate, talvolta con incisioni sub-orizzontali, ampie e profonde.
La “Galleria Franosa” ha termine a quota 843, in uno slargo con depositi di conglomerati sulla volta, dove ha origine la “Galleria degli Inglesi”. Tre ponti in successione sono necessari per oltrepassare altrettanti sfondamenti, che conducono in profondità i pochi rivoli d’acqua corrente, nell’occasione di piogge abbondanti.
 

 

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Guardando in basso è possibile osservare alcune tracce evidenti di erosione meccanica conseguente ai movimenti che le acque hanno avuto, a pelo libero, in tempi successivi alla formazione freatica delle gallerie. Sono infatti presenti alcune belle marmitte e semi-marmitte; di fianco, le pareti ricoperte da scallops (cioè piccole concavità regolari, dette anche a “colpi di sgorbia”), di varie dimensioni, sono il risultato di passati scorrimenti turbolenti delle acque sotterranee.
La “Galleria degli Inglesi” ha uno sviluppo complessivo, nella parte attrezzata, di 245 m di lunghezza ed appartiene ad un reticolo di condotti rettilinei, orizzontali e sovrapposti, originatisi sul piano di un’unica frattura sub-verticale, che è andata incontro ad un ulteriore ampliamento per fenomeni chimici e meccanici. Le due principali gallerie del reticolo sono separate, ma esistono lungo il percorso diversi punti di comunicazione. Questi collegamenti verticali cominciano a rendersi più evidenti dalla metà in poi. All’altezza dell’apertura comunicante più vasta, è possibile osservare, in alto a sinistra, l’imbocco più interno alla “Galleria della Neve”. Si tratta di un bel condotto quasi perfettamente circolare, di sezione costante, con le pareti incise da nitide scallops. Il fondo di questa diramazione è coperto, per buona parte, da un deposito di bianchissimo “latte di monte” (calcite flottante, allo stato fluido di consistenza pastosa), che appare assai simile, nell’aspetto, ad una spolverata di neve fresca, da cui il nome della stesso condotto.

 

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Il tratto ascendente della “Galleria della Neve” è impostato su di un giunto di strato, ad andamento parallelo al vicino contatto stratigrafico tra marmi e grezzoni, in cui emerge un piccolo livello di “Brecce di Seravezza”, dal cemento viola-scuro che traversa la volta.
Le concrezioni della “Galleria degli Inglesi” non sono molto abbondanti, anche se particolarmente suggestive per le decise striature di rosso ruggine, bianco e perfino bruno. In un primo tempo, l’intensa colorazione di stalattiti e stalagmiti aveva indotto il mondo della speleologia ad attribuire alle medesime cavità la denominazione di “Galleria Dipinta”. La dedica agli “Inglesi” si è poi affermata quando fu chiarito che la scoperta di questo tratto dell’Antro del Corchia era stato il risultato vincente dell’esplorazione, nel 1968, degli speleologi del Derbyshire Caving Club.
 

 

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Il termine della “Galleria degli Inglesi”, sulla sinistra, una cascatella precipita da un alto camino incidendo la parete con ampie scanalature. Il percorso attrezzato, raggiunta quota 859 m, evita di proseguire a dritto verso la “Risalita dei Romani”.
Si piega dunque a destra per ricercare l’ingresso della “Galleria del Venerdì”, attraverso una strettoia, che scarta sul lato opposto. Il tratto successivo, ascendente e pressoché rettilineo, è impostato su un’altra frattura sub-verticale. L’acqua ha agito, in passato, su diversi livelli originando vani intercomunicanti che si perdono per diversi metri in altezza. Il fondo è sempre coperto da blocchi e sabbia.
La “Galleria del Venerdì” ha una lunghezza di 261 m ed è interamente d’origine freatica. Ad un terzo del suo sviluppo, mentre il condotto gira a sinistra, la parete contrapposta offre un’imponente concrezione a colata, che simula la forma di un’aquila, con le ali pronte al volo. Di fianco, un anfratto stalagmitico, sorretto da una colonna calcarea, ha preso il nome di “Capanna trogloditica”. Dopo circa 75 m, si giunge al “Laghetto del Venerdì”. Le acque sono poco profonde, ma devono essere superate da un ponte che si appoggia all’opposta riva sabbiosa.


 

 

Questo piccolo spazio è sempre stato un frequentato bivacco per speleologi, almeno a tener conto delle innumerevoli scritte che si accalcano sulle vicine pareti. 
La quota non è molto variata rispetto alla “Galleria degli Inglesi”: 860 m s.l.m. Il percorso continua con un tratto debolmente discendente, a sezione costante della grotta ad arco. Si osservano tracce di crolli sulla volta e un fondo sabbioso, cosparso di blocchi e lastroni, mentre sulle pareti sono frequenti concrezioni a colorazione naturale scura, se non proprio nera (poiché ricche di manganese).
Si raggiunge una stretta e profonda forra, in cui si gettano le acque di un torrentello che poi prosegue a destra nel “Pozzo della Gronda” o “della Cascata”. Ha qui origine quel lungo ramo discendente dell’Antro del Corchia, che va poi a morire sul fondo, alla quota di 450 m ca.

 

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Le passerelle superano la forra con facilità, proponendo al visitatore l’unico bivio attrezzato. Il percorso, in quest’ultima parte, disegna un anello di 321 m di sviluppo, per cui scegliere l’una o l’opposta via non fa differenza; tanto si ritorna sempre in questo stesso punto.
Le indicazioni suggeriscono la direzione a destra che penetra più facilmente nella suggestiva “Galleria delle Stalattiti”. C’è comunque una sorta di vestibolo da dover attraversare, anch’esso concrezionato, sebbene ormai quasi del tutto fossile. E’ la “Foresta pietrificata” che si pone di fronte, con stalattiti e stalagmiti dalle forme rigonfie e dal colore grigio-bruno della terra. L’acqua qui non scorre più e poche gocce vivificano le concrezioni, che sono così dense che quasi ostacolano il cammino. Le passerelle avanzano con attenzione in questo mondo irrigidito e polveroso, zigzagando in tutte le direzioni. Al punto più estremo di penetrazione nell’Antro del Corchia, la parete trasuda di acqua che proviene dai livelli freatici attivi, posti oltre.
Un grosso masso di crollo, con sopra una stalagmite falliforme, fa da architrave alla porta d’ingresso per la parte ancora “viva” della “Galleria delle Stalattiti”. Lo speleologo Jean-Carlo Fait ha definito il luogo come un’oasi di rara bellezza in mezzo ad un mondo di pietra, di fango e d’acqua. Sono ambienti di intensa suggestione, ai quali poche sale sotterranee al mondo si possono paragonare ancora oggi.
Descrivere quanto si presenta agli occhi è difficile per la ricchezza cromatica e la varietà di forme che qui si sono originate. Le concrezioni si addossano le une alle altre, scendono lungo le pareti e si tuffano in piccole pozze d’acqua limpida. Le trine di pietra di alcuni ventagli di calcite mostrano l’alternanza di strati colorati. Il drappeggio stalattitico sfiora una stalagmite ricoperta di noduli calcarei. Sullo sfondo un unico pilastro sembra reggere la volta di questo luogo di sublimazione estetica.
 

 

La “Galleria delle Stalattiti” è una tipica condotta freatica, posta alla quota media di 871 m, in cui la precipitazione dei carbonati è ancora attiva. Anche qui il percorso attrezzato si è adattato a penetrare con rispetto tra le concrezioni. Al termine, si prosegue per un breve tratto discendente, attraversato da un torrentello in cascata, con massi di crollo che restringono il cammino. Poi il percorso ritorna piano ed agevole.
Siamo di nuovo al punto di chiusura dell’anello finale. Sulla sinistra la possibilità di rivedere l’eden delle “Stalattiti”; sulla destra il ritorno alle terrene cose.

 

 

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Morfogenesi:

Il sistema carsico dell'Antro si è formato in circa 5 milioni di anni e in più fasi di sviluppo. Il reticolo ipogeo del Corchia presenta grandi gallerie orizzontali insieme a pozzi, talvolta anche molto profondi, e meandri, spesso di piccole dimensioni, scavati in regime vadoso lungo le principali famiglie di fratture. I livelli orizzontali – posti alle quote di 1400, 1200 e 850 m s.l.m. – corrispondono a tre momenti successivi di stasi tettonica, ossia di equilibrio isostatico del Monte Corchia. I periodi di sollevamento delle Alpi Apuane, intervallati alle stasi, hanno dato origine ai condotti verticali. A quote inferiori a 700 m il sistema carsico è ancora in fase di sviluppo e tuttora al di sotto della zona satura.
Le prime fasi di sviluppo delle gallerie più alte dell’Antro del Corchia (1400 m circa) sono da far risalire al Pliocene medio-inferiore, periodo nel quale ha avuto inizio il denudamento del nucleo metamorfico apuano, vuoi per cause tettoniche che erosive. Il livello intermedio – quello a 1200 m – risulta il più sviluppato e può essere datato al Pliocene inferiore. Anche per il livello inferiore, posto intorno agli 850 m di quota, il prolungato stazionamento della zona satura ha determinato lo sviluppo di complessi reticoli di condotte a morfologia freatica e che i geologi collocano nel Pleistocene medio-superiore.
Il tratto attrezzato per la fruizione turistica si sviluppa lungo il livello orizzontale posto a quota 850 m (dalla “Galleria degli Inglesi”, a quella del “Venerdì” per terminare alle “Stalattiti”), ma permette anche di incontrare diversi imbocchi che corrispondono al reticolo vadoso verticale. Proprio alla fine della discesa iniziale è possibile apprezzare l’ingresso del “Suzanne” che corrisponde ad un pozzo che raggiunge in basso il “Ramo del Giglio”. Stessa origine vadosa deve aver avuto la stretta forra presente dopo la “Galleria del Venerdì”, da cui si sviluppa un lungo ramo che discende fino a 450 metri circa. Il percorso termina con la suggestiva “Galleria delle Stalattiti”, tipica condotta freatica, dove i fenomeni carsici sono ancora attivi.


 

 

 

                   
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